GIANNI DE TORA |
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2010 ''Napoli Novecento -1910-1980 per un museo in progress'' - Castel S.Elmo- Napoli, apertura 4 marzo |
opere e mostra per il costituendo Museo |
ARTICOLO DI VINCENZO TRIONE SUL QUOTIDIANO ''IL MATTINO'' DEL 6 MARZO 2010 |
Il Museo- Novecento- Dai geni accademici alla transavanguardia La creatività del secolo breve tra luci e ombre In un articolo di qualche tempo fa, Lea Vergine ha tracciato l'identikit dell'artista napoletano: litigioso, in guerra con se stesso e con il mondo, con una vocazione al dolore, privo di speranza, perché ha la consapevolezza che il presente sfugge e «nelle mani spesso tutto diventa polvere». Possiamo partire da qui, per attraversare le stanze del museo in progress del Novecento a Napoli, al Castel Sant'Elmo di Napoli. I curatori, Nicola Spinosa e Angela Tecce, hanno disegnato una storia di slanci e di ripiegamenti. Un'avventura di stili incompiuti: una carrellata di talenti autentici ma spesso irrisolti, sequenza di avanguardismi frenati da prudenze e da nostalgie. Un'iniziativa importante, che è stata condotta con rigore ed equilibrio. L'obiettivo è quello di andare a riempire un grave vuoto storiografico: la dimenticanza dell'arte del XX secolo. Mentre tante energie, infatti, sono state impiegate nello studio e nella valorizzazione del Seicento, del Settecento e anche dell'esperienze contemporanee, il Novecento è stato colpevolmente trascurato. Un primo tentativo di risarcimento era stato rappresentato da «Fuori dall'ombra» (sempre a Sant'Elmo, nel 1991). Il nuovo progetto muove da quella investigazione capillare - dedicata al secondo dopoguerra (dal 1945 al 1965) - per allargare lo sguardo a un arco più ampio (dal 1910 al 1980). L'itinerario delineato è puntuale e serio: è stata seguita una logica che, però, appare troppo inclusiva. Talvolta, si ha la sensazione di trovarsi di fronte a una rassegna dall'andamento troppo, catalogatorio, non sempre capace di intraprendere scelte critiche dure, precise, scorrette. Siamo dinanzi a una ricognizione coraggiosa e difficile, segnata da tante qualità e da alcuni limiti. I meriti, innanzitutto. Si sono poste le basi per la costituzione di una galleria civica tesa a documentare i gesti di alcune tra le personalità più significative della pittura e della scultura. È stata compiuta una ricerca meticolosa, rintracciando opere spesso «abbandonate» in collezioni pubbliche e private. È stata affrontata una lenta perlustrazione, con una tenacia rara. In questo modo, si è fatta luce su poetiche ardite. Si sono scelti quadri e sculture in grado di «dire» il momento di maggior slancio linguistico di un determinato protagonista. In alcuni casi, assistiamo a importanti riconferme (tra gli altri, Barisani, Perez, Del Pezzo, Alfano, Caruso, Mainolfi, Tatafiore, Longobardi). In altri casi, sono state selezionate «prove» meno efficaci, mentre si sono trascurati gli aspetti più innovativi (ad esempio, nel caso di Mimmo Paladino e Gianni Pisani, l'unico cui è stata dedicata una sala monografica). Opportuno il recupero di Salvatore Emblema, astrattista indipendente, sostenuto da autori come Argan e la Bucarelli, ma osteggiato dall' ambiente partenopeo per meschinità e invi- die. Lascia perplessi l'impaginazione del museo in progresso. Il criterio adottato è lineare: accosta tendenze seguendo una logica progressiva. Un andamento troppo piatto, che appare d'impronta eccessivamente didattica, incapace di far emergere temi forti, problemi ricorrenti , connessioni tra differenze. Il risultato finale è quello di una sorta di Saloon che ci parla di intuizioni e di cadute. In molti momenti, ci imbattiamo in vette di rara tensione, che ben presto saranno divorate da ripiegamenti manieristi e da ripetizioni stanche. Le cause di questa involuzione diffusa sono tante: la mancanza di un vero mercato, l'assenza di un collezionismo aperto al nuovo e, soprattutto, un endemico provincialismo. Percorrendo questa galleria, si ha l'idea che Napoli, in fondo, in alcune fasi, sia stata una periferia dell'impero. È stata afflitta da un tradizionalismo tardo-realista (come dimostrano le prime sale). Ha ospitato tante ipotesi «alternative» che, tuttavia, spesso, si sono rivelate solo come rielaborazioni più o meno originali di azzardi maturati in altri contesti. La verità è che, con la felice eccezione della transavanguardia, qui abbiamo avuto uno sperimentalismo accademico. Il nostro futurismo? In ritardo di dieci anni e più. Il nostro informale? Un'esplosione priva di veemenza. Il nostro espressionismo? Una replica attardata. Il nostro concretismo? Un riflesso di quello nordico. Il nostro pop? Un'imitazione gergale e kitsch di quello inglese. Basta sfogliare qualsiasi manuale di storia dell'arte del secondo Novecento (da Argan a Dorfles, da Barilli a De Vecchi - Cerchiari, alla Vettese), per verificare questi limiti. Dunque, il museo in progress co- me riflessione ulteriore su intenzioni e sconfitte, tra profezie e melanconie. «Ogni punto di Napoli - ha scritto Luigi Compagnone - per noi è stato accampamento; vi abbiamo sparpagliato le ossa e la memoria, il poco rancio, le cicche, le reliquie». |
ARTICOLO DI VANDA BOCCO SUL QUOTIDIANO ONLINE ''ILMONDODISUK'' DEL 3.3.2010 |
RECENSIONE SULL'APERTURA DEL NUOVO MUSEO ''NAPOLI NOVECENTO- 1910/1980-PER UN MUSEO IN PROGRESS'' APERTO CON LA MOSTRA DELLE ACQUISIZIONI DI OPERE DAL 4 MARZO 2010 PRESSO IL CASTEL S.ELMO A NAPOLI E CON UNA INTERVISTA ALLA PROF.SSA MARIANTONIETTA PICONE PETRUSA |
A Castel S.Elmo il Museo del Novecento napoletano. Con molte assenze La possente fortezza di Castel Sant'Elmo che si erge a difesa della città dal 1275 da oggi è nuovamente assediata. ma questa volta dall' arte: negli spazi del carcere alto, adiacenti la Biblioteca e la Fototeca di Storia dell'Arte, si è infatti appena insediato un nuovo Museo: Napoli Novecento 1910-1980 per un museo in progress (conferenza stampa domani giovedi 4 marzo alle 12, inaugurazione ore 18). Nato da un progetto di Nicola Spinosa per attestare, attraverso una selezione condotta con metodo storico-critico, ciò che è stato realizzato in città lungo il Novecento in tutti i campi che concernono la produzione artistica, dalla pittura alla scultura e alle diverse sperimentazioni grafiche, il tutto coadiuvato da apparati didattici. informativi e audiovisivi. Finalmente, dopo una lunga battaglia sul campo, è stato accolto l'appello che parte da lontano, che spesso è stato lanciato anche attraverso i media, di raccogliere, recuperare in una documentazione unitaria opere di artisti contemporanei napoletani finora esclusi a favore dei più accattivanti nomi internazionali approdati nelle nostre sale espositive e nelle piazze. Ma, nonostante questa operazione sia appena iniziata, ancora una volta ci duole assistere a alcune esclusioni di cui ci chiediamo il perché, quale il criterio di scelta? Operare una selezione comunque non dà il quadro completo dell'epoca che si vuole presentare. Anche se in una precedente mostra c'era stato il tentativo di Nicola Spinosa di tirare "FUORI DALL'OMBRA" un frammento del "Novecento" (1945--1965): "Una realtà, quella delle arti e della cultura a Napoli in questa prima parte del Novecento, ben più ricca e articolata di quanto fin qui si sia fatto credere; anche se le condizioni di vasto e profondo degrado, di assenza di prospettive credibili e di prospettive accettabili, sembrerebbero aver attutito, mortificato o annullato ogni forma di sensibilità e di lucida coscienza critica, da non consentire neppure di cogliere quanto ancor di positivo si sia prodotto a Napoli, almeno dal versante culturale …." scriveva. Domani saranno circa 90 gli artisti napoletani in mostra con oltre 150 opere, selezionate e esposte insieme a quelle di artisti non napoletani, che furono però attivi negli stessi anni in città, con un percorso cronologico suddiviso in tre sezioni: dalla documentazione della Secessione dei ventitré (1909) o del primo Futurismo a Napoli (1910-1914) al movimento dei Circumvisionisti e del secondo Futurismo (anni Venti-Trenta); dalle varie testimonianze su quanto si produsse tra le due guerre alle esperienze succedutesi nel secondo dopoguerra (1948-1958). dal Gruppo Sud al cosiddetto Neorealismo, dal gruppo del MAC (Movimento arte concreta) all' Informale o al Gruppo 58. Quindi le sezioni riservate agli anni Settanta, con particolare attenzione alle Sperimentazioni Poetico-visive e al campo del sociale. L'ultima zona è occupata da chi, pur continuando a operare dopo gli anni ottanta sperimentando nuove tecniche, si era già affermato in città. Nel nuovo Museo, dipendente dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico, Etnoantropologico e per il Polo Museale della citta di Napoli, dipinti, sculture, disegni o incisioni provenienti dalle raccolte museali della Soprintendenza. dalla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, dal Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto e, soprattutto, da donazioni o in 'comodato', sistema oggi sempre più diffuso anche in Italia. Nel catalogo che accompagna la mostra, edito da Electa, le presentazioni del presidente della giunta regionale Antonio Bassolino, del direttore generale per il paesaggio, le Belle arti, l'Architettura e l'arte contemporanee Roberto Cecchi e del soprintendente Lorenza Mochi Onori; una premessa di Nicola Spinosa, l'introduzione della Direttrice Angela Tecce; e testi critici di Mariantonietta Picone Petrusa, Angela Tecce, Mario Franco e Aurora Spinosa, Katia Fiorentino. Le opere esposte sono di: Carlo Alfano, Enrico Baj, Mathelda Balatresi, Renato Barisani, Guido Biasi, Andrea Bizanzio, Giovanni Brancaccio, Giannetto Bravi, Emilio Buccafusca, Enrico Bugli, Francesco Cangiullo, Giuseppe Capogrossi, Luciano Caruso, Guido Casciaro, Giuseppe Casciaro, Luigi Castellano (Luca), Raffaele Castello, Alberto Chiancone, Vincenzo Ciardo, Francesco Clemente, Carlo Cocchia, Mario Colucci, Mario Cortiello, Salvatore Cotugno, Luigi Crisconio, Edgardo Curcio, Renato De Fusco, Lucio del Pezzo, Crescenzo Del Vecchio Berlingieri, Armando De Stefano, Gianni De Tora, Fortunato Depero, Giuseppe Desiato, Bruno Di Bello, Gerardo Di Fiore, Carmine Di Ruggiero, Baldo Diodato, Salvatore Emblema, Francesco Galante, Saverio Gatto, Vincenzo Gemito, Manlio Giarrizzo, Edoardo Giordano (Buchicco), Franco Girosi, Emilio Greco, Mario Lepore, Raffaele Lippi, Nino Longobardi, Luigi Mainolfi, Antonio Mancini, Giuseppe Maraniello, Tommaso Marinetti, Stelio Maria Martini, Umberto Mastroianni, Rosaria Matarese, Elio Mazzella, Luigi Mazzella, Emilio Notte, Mimmo Paladino, Maria Palliggiano, Franco Palumbo, Rosa Panaro, Edoardo Pansini, Guglielmo Peirce, Augusto Perez, Mario Persico, Giuseppe Pirozzi, Gianni Pisani, Carmine Rezzuti, Clara Rezzuti, Paolo Ricci, Guglielmo Roehrssen di Cammarata, Errico Ruotolo, Corrado Russo, Mimma Russo, Quintino Scolavino, Carlo Siviero, Domenico Spinosa, Bruno Starita, Federico Starnone, Toni Stefanucci, Guido Tatafiore, Ernesto Tatafiore, Giovanni Tizzano, Ennio Tomai, Raffaele Uccella, Maurizio Valenzi, Antonio Venditti, Gennaro Villani, Eugenio Viti, Elio Waschimps, Natalino Zullo. Ne abbiamo parlato con Mariantonietta Picone Petrusa, professore ordinario e direttore della scuola di specializzazione in storia dell'arte all'università Federico II di Napoli, autrice, tra l'altro, dello splendido volume "La pittura napoletana del Novecento" edito da Franco Di Mauro. Il Novecento a Napoli. Dopo la mostra realizzata nello stesso luogo, Castel Sant'Elmo, questo secolo ritorna con un nuovo progetto (sempre) di Nicola Spinosa. In una selezione condotta con metodo storico-critico. Selezionare significa scegliere. Mancano nomi: c'è Mimmo Paladino, ma è fuori Salvatore Paladino, lo zio che pure ha avuto un influsso sulla scelta di vita del nipote ... Altri nomi che non rientrano: Ugo Matania e sua figlia Tullia .... Vittorio Piscopo .... Perché? Ci sono molte mancanze in questo museo, molte più di quelle da lei elencate. La scelta è toccata ad Angela Tecce e a Nicola Spinosa. Io mi sono limitata a qualche segnalazione, ma purtroppo non tutte sono state accolte per ora. Ci sono problemi di spazio, ci sono stati problemi organizzativi ed economici e problemi di scelte vere e proprie di cui dovrebbe chiedere conto ai veri responsabili. In ogni caso, pur con tutte queste mancanze di cui almeno Angela Tecce è consapevole, condivido con lei l'opinione per cui dobbiamo salutare questa iniziativa con gioia e direi quasi con esultanza, visto che erano solo 150 anni che si aspettava un museo destinato agli artisti del territorio. Salvatore Emblema. Finalmente. Anche se lui purtroppo non potrà esserci perché ci ha lasciato qualche anno fa, con un rammarico: i musei internazionali gli aprivano le porte e Napoli, dopo la bella mostra degli anni ottanta a Palazzo a Reale, si è mostrata ostile fino alla morte, negandogli importanti spazi espositivi che pure le sue opere (e lo conferma la scelta di oggi) meritavano .... Al museo di Capodimonte, per esempio, nella sezione dedicata all'arte contemporanea, è assente .... Emblema a Capodimonte non l'avrei messo neanche io. ma ora a Castel Sant'Elmo c'è. Museo in progress, in quale direzione? E' un museo in progress perché accanto alle donazioni ci sono opere date in comodato per 5 anni da artisti, eredi di artisti o collezionisti. Quindi fra cinque anni o anche prima la fisionomia del museo potrebbe cambiare. Si spera di avere più donazioni. Io spero che qualche artista rimasto fuori possa rientrare, anche se questo implicherà la destinazione al Museo di qualche altro spazio del castello, con la conseguente separazione della collezione. Poche donne tra le scelte ... E' vero sono poche le donne. In generale non sono numerosissime le artiste brave a Napoli, ma anche qui qualcuna in più poteva esserci. Non so nulla della parte finanziaria. Non credo che siano stati destinati fondi europei al progetto. Quei fondi la Regione in genere li destina al MADRE. So solo che il museo si è fatto in strettissima economia e che per questo è stato in pericolo fino alla fine. Proprio perché ci sono state tante difficoltà dobbiamo essere contenti del risultato e sperare che strada facendo il museo acquisti la sua fisionomia e si arricchisca di opere sempre più belle. In fondo la formula del Museo in progress è in linea con i nostri tempi e rompe l'eccessiva staticità dell'istituzione museale tradizionale. |
sequenza del triangolo - 1975 - acrilici su tela |
STRALCIO DAL TESTO DI ANGELA TECCE NEL CATALOGO DEL ''MUSEO DEL NOVECENTO'' |
…….A contrastare questo venir meno dell’interesse per il problema della ‘forma’, era nato nel 1976 un gruppo che sotto il nome di Geometria e Ricerca univa artisti di diverse generazioni e anche provenienti da esperienze diverse, Renato Barisani , Gianni De Tora, Carmine di Ruggiero, Riccardo Alfredo Riccini, Guido Tatafiore, Giuseppe Testa, Riccardo Trapani. Renato Barisani proseguì, riprendendo alcuni assunti della poetica del MAC, la sua ricerca di una pittura del tutto autonoma da interferenze autobiografiche, basata su elementi primari, la forma, il colore, ma sottilmente variata, anche attraverso l’adozione di tele sagomate (come nell’arte Hard Edge americana), e le modulazioni tridimensionali e oggettuali degli stessi principi geometrici. Coetaneo di Barisani, anche Guido Tatafiore si rivolse allo stesso immaginario geometrico, arricchito di un ulteriore livello ‘linguistico’ che lo pone per certi aspetti in collegamento con l’arte concettuale. Carmine Di Ruggiero si attestò nella sua personale declinazione di un informale sempre più placato e geometrizzante, che lo portò infine a far parte del gruppo con opere caratterizzate da un cromatismo ricco e vibrante. Di una generazione più giovane era Gianni De Tora, che nel gruppo introduce un esprit de géometrié da cui nascono elaborate griglie geometriche e dissezioni di figure semplici continuamente ripetute e variate nel colore e nella partizione del bianco e nero, alla ricerca di una impossibile completezza di combinazioni impossibili……. |
SCHEDA A FIRMA DI GIOVANNA SERRA SUL CATALOGO DELLA MOSTRA |
GIANNI DE TORA (Caserta 1941 – Napoli 2007) La sua formazione si svolge nel solco della tradizione figurativa, esordendo con paesaggi di stampo morandiano. Inizia a dipingere vedute di anonimi borghi in cui le linee geometriche quadrate e cilindriche definiscono i profili degli edifici in un impasto cromatico fortemente materico, grazie all'uso del colore ad olio misto alla sabbia. All'inizio degli anni Sessanta volge il suo interesse verso l'espressionismo e l'informale, rappresentando soggetti vagamente scientifici, come le spedizioni spaziali. In questo decennio partecipa attivamente al dibattito politico frequentando le accese discussioni sull'arte presso la libreria Guida di Napoli. Alla metà degli anni Sessanta realizza grandi tele legate alle tematiche sociali e politiche in atto, come la guerra in Vietnam. In questi lavori De Tora sovrappone al linguaggio mediatico della Pop Art, le linee diagonali e le forme cilindriche che preludono alla tappa successiva rigorosamente geometrica.L'approccio avviene inizialmente in chiave astratta e concettuale prelevando dalla natura forme reali (Il sole risplende in lndocina, 1970) (Il Mondo,1972). Dal '75, con le Sequenze e Strutture Riflesse, il procedimento assume sempre più la dimensione del concretismo. De Tora muta il proprio punto di partenza: la matrice prima è la forma geometrica elementare (triangolo, quadrato. cerchio. sfera) analizzata in ogni possibile variante. Sequenza del triangolo è esemplare di questa operazione artistica in cui De Tora studia con calcoli matematici i rapporti spaziali. come si evince dallo studio preliminare in carta millimetrata. I colori primari e secondari, altri protagonisti nella sua produzione artistica, sono stesi in maniera perfettamente liscia sulla tela creando con i triangoli un effetto quasi caleidoscopico. Fase fondamentale del suo percorso artistico è il ruolo primario che ebbe nel Gruppo Geometria e Ricerca che si formò nel 1975 con la partecipazione anche di Barisani, Di Ruggiero, Riccini, Tatafiore,Testa e Trapani. Il movimento nasce con un riferimento con la precedente tradizione astratta napoletana del MAC (Movimento d'Arte Concreta) del secondo dopoguerra. Dagli anni Ottanta De Tora apre l'impianto rigorosamente geometrico con l'inserto di nuovi segni dinamici e dì annotazioni personali di matrice concettuale. Oltre la consueta tela, sperimenta nuovi supporti, estendendo la sua arte all'ambiente, come nelle pitto-sculture. La personale America del 2008 raccoglie i suoi ultimi lavori dedicati agli States e in particolare a New York che l'artista ha visitato dopo il crollo delle Twin Towers. [G.S.] BIBLIOGRAFIA: Napoli: catalogo mostra Geometria e Ricerca 1975-1980, a cura di M. Picone Petrusa. pp. 7-8, La Buona Stampa, Ercolano 1996; Napoli: catalogo mostra, Gianni De Tora The world of signs. a cura di V. Corbi, Altrastampa Edizioni Napoli 2004: M. Picone Petrusa: La pittura napoletana nel '900, Franco di Mauro Editore, Sorrento 2005, pp. 482-483-190 |
foto di repertorio /inaugurazione |
il comunicato stampa |
invito inaugurazione Museo |
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RISORSE AGGIUNTIVE |
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pieghevole per il Museo Napoli Novecento /SCARICA IL PDF |
rassegna stampa /SCARICA IL PDF |
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